10 ottobre 2005
Fame e carestia

Ci risiamo. È arrivata e quest'anno sarà lunga, brutta e cattiva. I prezzi salgono e l’inflazione è fuori controllo, le distribuzioni sono già iniziate e le file interminabili hanno già cominciato a produrre i primi feriti. La gente ha cominciato a saltare i pranzi e le cene e molte pance dormono vuote. Non è un periodo favorevole. La gente si trova come in trincea, non avanza e deve solo indietreggiare: c’è da comprare il seme per la semina ormai imminente, c’è da comprare anche il fertilizzante, c'è da lavorare duro nei campi sotto il sole più cattivo dell’anno, quello di Novembre, e ci sarebbe, piccolo particolare, anche da trovare il cibo per poter almeno vivere e lavorare. Dunque le cose stanno così: 10 kg di semi di mais stanno circa 10 euro, un sacco di fertilizzante, necessario per avere un buon raccolto, almeno 20, mentre un sacco di mais che serve a sfamare una famiglia media per circa un mese costa a tutt'oggi tra i 10 e 14 euro. La domanda è semplice: se un dipendente come uno dei nostri, che guadagna oltre la media, riceve al mese 25 euro, come sopravvivono in questi mesi le famiglie che non hanno reddito fisso che sono la maggioranza? La prima ancora di salvataggio sono le grandi distribuzioni con tutti i problemi che spesso generano (preferenze, corruzioni, piccole quantità distribuite…), la seconda per quest'anno è il sussidio governativo che riduce del 60% il prezzo del fertilizzante ma anche qui la cosa non è ben chiara perché la riduzione è valida solo per coloro che vengono scelti dal capo villaggio i cui criteri di scelti non sono spesso trasparenti e corretti. Nessuno sa come andrà a finire. Se davvero le distribuzioni saranno sufficienti, se i fertilizzanti saranno distribuiti equamente, se il paese potrà evitare il caos generale…ovvero, miei amici, si chiama fame e si pronuncia NJALA.
Una sola è la speranza; che le scorte di mais non vengano a terminare anche quest’anno, sarebbe davvero dura e mortale per molti malawiani. I giornali però non rassicurano affatto perché parlano di scorte nazionali che potrebbero durare solo fino a Natale. E appare chiaro che a tutt'oggi nessuno sa cosa accadrà tra Natale e Pasqua…Quello che abbiamo visto in quest'ultima settimana è assai preoccupante. Nella vendita al dettaglio nei piccoli villaggi il prezzo di 5 kg di mais è passato in una settimana da 130 kw a 200 kw! Per avere cinque chili di mais un operaio medio deve lavorare un giorno e mezzo!!
Noi stiamo cercando di comprare altro mais, visto che quest’anno la nostra produzione è stata ancora una volta molto scarsa e stiamo anche preparando una distribuzione di mais in occasione del Natale ma certo sono solo interventi una tantum, che servono ad alleggerire e non a risolvere un problema che è più grande di noi.
Mi viene allora una domanda che è più grande di me e delle mie risposte: le Nazioni Unite hanno fissato per il 2015 l’anno in cui la fame dovrà essere debellata in tutto il mondo. Bene. Benissimo. Ma come? Come, se nessuno parla di agricoltura, di vere riforme agricole e di interventi strutturali sulle capacità di produzioni locali? Qui in Malawi si fa un gran parlare di sicurezza alimentare, di distribuzioni, di piccoli progetti agricoli, ma di interventi radicali e decisivi per risollevare il settore agricolo dalla sua natura primitiva e di sussistenza, nemmeno l’ombra. Parlo di irrigazione, di meccanizzazione, di piantagioni, di fattorie, di sovvenzioni statali per gli agricoltori, come avviene in tutti gli altri paesi.
Facciamo un esempio molto interessante ed interessato. La fattoria Utawaleza è un progetto agricolo teso allo sviluppo dell’area di Mangochi. Si potrebbe sovvenzionare la fattoria e le diverse associazioni di agricoltori che sono ad essa legati con la costruzione di sistemi irrigui, l’acquisto di alcune macchine, l’acquisto di fertilizzanti e di semi; favorire in questo modo la produzione di mais che entrerebbe nel mercato con più regolarità e con maggiore quantità. Nel nostro caso e nel caso di tutti coloro che fanno agricoltura. Favorire la produzione del mais, questo è il punto e due soltanto sono i modi qui in Malawi: irrigazione per un secondo raccolto e riduzione dei costi, tecnologia e politiche sociali.
La fame, da che mondo è mondo, è stata vinta da un aratro che ha migliorato la zappa, da un canale che ha raccolto le piogge, insomma da un’agricoltura che da sussistenza è divenuta industriale. Io non credo in un’altra via possibile per sconfiggere la fame nel mondo, entro il 2015 o anche il 2045…l’ultima domanda allora è questa: chi ci aiuta? Chi aiuta in modo cospicuo un progetto come il nostro che se non altro fin dal suo inizio ha avuto il merito di guardare nella direzione giusta? Ma forse nemmeno questo è il punto, perché Utawaleza è poco più di niente in Malawi e in Africa, più importante sarà allora sapere cosa fa il mio paese, la mia chiesa, quelli che contano, le tante organizzazioni o ong per sconfiggere la fame in Malawi e in Africa?
Poco, sì troppo poco, come poco è l’impegno degli stessi africani, dei governanti, dei tecnici, dei contadini per convincersi che la fame può essere combattuta. Non si parla di raccolte, di aiuti o di distribuzioni, io vorrei parlare di un’agricoltura africana che arrivi ad essere sufficiente per il fabbisogno dei suoi abitanti e capace di entrare anche nel mercato mondiale. Perché per quei prodotti che ci riguardano questo già accade. Perché il thé o il caffè o anche il tabacco del Malawi gira per mezzo mondo grazie a piantagioni moderne e meccanizzate mentre è impossibile trovare le piantagioni di mais in Malawi, specie nel nord del paese dove piove di più, c’è meno densità abitativa ed il paese è ancora più ricco di acqua?
Oggi che era domenica gli affamati hanno iniziato a tossire alla porta della mia camera al mattino. Erano le sei e c’erano già due persone in fila. Poi questo pomeriggio dopo la messa un’altra donna chiedeva di comprarle della legna e così pure il nostro guardiano che dopo avermi spiegato che erano due giorni che non mangiava mi ha chiesto un piccolo aiuto. Poi è arrivata una donna che lavora nella nostra fattoria a chiedere di aumentare il suo debito con me di altri mille kwacha, andata via lei è arrivato un candido e anziano signore che prima mi ha chiesto i soldi per poter mangiare e poi mi ha subito proposto di comprare le sue capre. Le capre non le ho comprate ma le tre donne che sono subito arrivate le dovrò portare domani mattina all’ospedale per far curare i loro tre bambini. La processione degli affamati è terminata con la moglie di un altro nostro custode, madre di dieci figli, che mi ha chiesto un prestito per riavviare il suo commercio di pesce secco. Cosa succederà a dicembre o a gennaio fino ad arrivare a marzo?
Oggi mi hanno detto che nove bambini sono morti sulle montagne per aver mangiato delle erbe velenose. Poi ho visto il telegiornale che parlava dell’India, del Guatemala, di terremoti, di inondazioni e di ragazzi che morivano tornando dal pub, come mi succede da un po’ di tempo a questa parte, ho smesso di pensare e di pensarci. Niente più domande e idee strane ma solo l’ineluttabile violenza della vita che ci chiede di restare e di lottare. In tutta coscienza penso che non sarà il 2015 l'anno in cui l’uomo sconfiggerà la fame, ma sento pure che la vita e la morte di tanti ci chiedono almeno di provarci.

don Federico